Il nuovo Fondo PMI Creative

Il disegno di legge di bilancio 2021 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, il “Fondo PMI Creative”, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Le risorse del Fondo PMI Creative saranno utilizzate per: a) promuovere nuova imprenditorialità e lo sviluppo di imprese del settore, attraverso contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati e loro combinazioni; b) promuovere la collaborazione delle imprese del settore creativo con le imprese di altri settori produttivi, in particolare quelli tradizionali, nonché con le Università e gli enti di ricerca, anche attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher da destinare all’acquisto di servizi prestati da imprese creative, ovvero per favorire processi di innovazione; c) sostenere la crescita delle imprese del settore anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle start-up innovative e delle PMI innovative; d) consolidare e favorire lo sviluppo dell’ecosistema del settore attraverso attività di analisi, studio, promozione e valorizzazione.

Il “settore creativo” destinatario del provvedimento comprende tutte le attività dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative e, in particolare, quelle relative all’architettura, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, all’artigianato artistico, all’audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali, al software, ai videogiochi, al patrimonio culturale materiale e immateriale, al design, ai festival, alla musica, alla letteratura, alle arti dello spettacolo, all’editoria, alla radio, alle arti visive, alla comunicazione e alla pubblicità.

L’individuazione del perimetro è, sostanzialmente, in continuità rispetto alla definizione delle imprese culturali e creative introdotta dalla Legge di Stabilità per il 2018[1].

Per l’attuazione dei provvedimenti un passaggio ancora non definito è quello collegato al meccanismo di acquisizione della qualifica di impresa culturale e creativa, che potrebbe essere rappresentato, sulla scorta di quanto avviene per qualifiche analoghe, dalla creazione di una apposita sezione tenuta presso il Registro delle Imprese.

 

Negli ultimi decenni il rapido emergere di nuove tecnologie e la crescente globalizzazione hanno portato in Europa, ed in altre parti del mondo, ad una crescita del settore dei servizi e dell’innovazione: crescono le comunità creative, la cui materia prima è la capacità di immaginare, creare e innovare.

Come descritto all’interno del “Libro verde” sulle industrie culturali e creative, redatto dalla Commissione Europea nel 2010 , in questa nuova economia digitale, il valore immateriale determina sempre più il valore materiale, perché i consumatori cercano “esperienze” nuove e arricchenti. La capacità di creare esperienze e reti sociali è ora un fattore di competitività.

Fondamentale elemento di successo nell’ambiente attuale, in continua evoluzione, diventa quindi la capacità di far crescere una nuova cultura imprenditoriale permeata di creatività e innovazione.

Le industrie culturali e creative dispongono di un potenziale in gran parte inutilizzato di creazione di crescita e di occupazione. Risulta pertanto fondamentale individuare nuove fonti di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, e investire in esse. La crescita futura dipenderà anche da come verranno utilizzare le risorse disponibili, le conoscenze e i talenti creativi per stimolare l’innovazione.

Sempre secondo il “Libro verde”, l’Europa deve sperimentare nuovi modi di creare valore aggiunto, di vivere insieme, condividere le risorse e mettere a frutto la sua diversità, traendo forza dalla ricchezza e dalla varietà delle sue culture. Inoltre a pag. 6 del testo si afferma che: “Le industrie culturali sono le industrie che producono e distribuiscono beni o servizi che, quando vengono concepiti, sono considerati possedere un carattere, un uso o uno scopo specifici che incorporano o trasmettono espressioni culturali, quale che sia il loro valore commerciale. Oltre ai settori tradizionali delle arti (arti dello spettacolo, arti visive, patrimonio culturale- compreso il settore pubblico), questi beni e servizi comprendono anche i film, i Dvd e i video, la televisione e la radio, i giochi video, i nuovi media, la musica, i libri e la stampa. Questo concetto è definito in relazione alle espressioni culturali nel contesto della convenzione UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali (2005)”.

 

[1] In base all’articolo 1 comma 57 della Legge 205/2017 “Sono imprese culturali e creative le imprese o i soggetti che svolgono attività stabile e continuativa, con sede in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, purché siano soggetti passivi di imposta in Italia, che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati”. Il comma successivo delegava la disciplina della procedura per il riconoscimento della qualifica di Impresa Culturale e Creativa ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, tenendo conto delle necessità di coordinamento con le disposizioni del codice del Terzo Settore. Tale disciplina non è stata ancora definita.

Leave a comment